Cronologia Dinamica
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300 La conquista romana 300 a.C.

I romani nel 300 a.C. conquistarono L’Etruria, che comprendeva parte dell'Umbria e della Toscana e dopo circa cinquant'anni il territorio della regione era completamente romanizzato, cioè aveva assimilato la cultura dei nuovi dominatori. Durante l'occupazione romana e specialmente sotto l’impero di Augusto, alcune città, fra cui Perugia, Narni e Amelia, conobbero un grande sviluppo economico e furono abbellite da diversi monumenti. Fra le grandi opere ingegneristiche costruite dai Romani c'è la Via Flaminia che attraversava tutta la regione per collegare Roma alla città di Rimini sull'Adriatico.

Nell'anno 220 a.C. il censore Gaio Flaminio Nepote diede inizio alla costruzione di una via consolare che collegasse Roma con l'Italia settentrionale, unificando e risistemando vari tratti preesistenti nei territori di Veio, Capena e Falerii (Civita Castellana). La costruzione fu ultimata nel 219 a.C. La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Adriano. È stata la prima, e per molti secoli l'unica, strada terrestre di collegamento tra Roma e il nord Italia. Da Rimini continuava verso Milano come Via Emilia; da Milano le strade si diramavano verso le altre località europee. Fra il 1906 e il 1932 numerosi tratti di strada ospitarono i binari della tranvia Roma-Civita Castellana, gestita dalla Società Romana per le Ferrovie del Nord

romani

Svetonio racconta infatti che Augusto: «[...] perché la città di Roma fosse raggiungibile facilmente da ogni parte, a sue spese, fece riparare la via Flaminia fino a Rimini e divise le altre strade fra i generali trionfali (che avevano avuto l'onore del trionfo), i quali dovettero ripavimentarle con l'argento del loro bottino.» (Svetonio, Augustus, 30.)

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410 Sacco di Roma

Il primo saccheggio di Nuceria Camellaria, se non una vera e propria distruzione, come ci tramanda lo storico Jordanes, si ebbe al passaggio dei circa 100.000 Goti di Alarico, diretti verso Roma (che presero nel 410).

Il sacco di Roma del 24 agosto 410 è stato uno degli eventi più traumatici della storia antica. Concluse il terzo assedio (dopo quelli del 408 e 409) condotto dai Visigoti di Alarico I. La più potente capitale dell'antichità, per tre giorni (dal 24 al 27 agosto), fu in mano agli invasori che depredarono templi, luoghi pubblici e case private. La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli; violenze che si erano viste soltanto al Colosseo furono compiute su donne e anziani.

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storico Jordanes

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L'evento ebbe un'immediata risonanza in tutto l'Impero e lo sconvolse moralmente. Avvertito come evento epocale, venne visto da sant'Agostino (nel De civitate Dei) come segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo. I Visigoti lasciarono la città, ma il mito dell'inviolabilità di Roma era crollato (era dal sacco di Brenno, avvenuto 800 anni prima, che era rimasta inespugnata). Da quel momento la città sarà più volte saccheggiata fino al 1527

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552 Battaglia di Tagina

Nella battaglia di Tagina nel luglio del 552, l'Impero Bizantino sotto il comando del generale Narsete ruppe il potere degli Ostrogoti in Italia, e pose sotto la sua dominazione l'intera penisola. Nel 551, l'imperatore Giustiniano I (527-565) decise di porre definitivamente fine al conflitto contro gli Ostrogoti per il possesso dell'Italia, dopo circa diciassette anni di guerra. Nel 551, Narsete ottenne di nuovo il comando delle operazioni in Italia: radunò un esercito imponente, senza farsi molti scrupoli di arruolare con generosi donativi barbari Unni, Gepidi, Eruli, Longobardi e Persiani fra le sue schiere. L'esercito di Narsete radunatosi a Salona doveva comprendere all'incirca 30.000 uomini. Terminati i preparativi, nella primavera del 552 Narsete da Salona partì per l'Italia cercando di raggiungerla via terra non avendo abbastanza navi a disposizione per giungervi via mare. Tuttavia il rifiuto dei Franchi stanziatisi nelle Venezie di concedere il passaggio nei loro territori agli Imperiali lo costrinse a raggiungere Ravenna passando per le lagune su cui sorgerà Venezia. Non potendo attraversare la via Flaminia da Fano, perché la roccaforte della gola del Furlo era ben presidiata, probabilmente prese la via di Sassoferrato e Fabriano, evitando di perdere tempo in assedi, in quanto li riteneva una perdita di tempo; la tattica di Narsete dava infatti la priorità all'annientamento del nemico attraverso rischiose battaglie campali, a cui seguiva solo successivamente la resa delle fortezze che rifiutavano la resa

La battaglia, indebolendo gli Ostrogoti, contribuì alla vittoria finale bizantina della guerra.

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571 Occupazione Longobardi

Occupazione longobarda del 571

Nocera Umbra ocupata nel 571 dai Longobardi, data la sua importanza strategica, divenne sede di un Gastaldo, (uno dei 10 del Ducato di Spoleto, con un'autorità simile al prefetto di provincia attuale) che aveva responsabilità militari, amministrative e giudiziarie, coadiuvato da alcuni Sculdasci dislocati nel vasto territorio. Già dalla prima invasione longobarda fu sede anche di una Arimannia, formata da famiglie di guerrieri nobili e molto ricchi dei quali alla fine dell'Ottocento è stata trovata una vasta necropoli. Con i Franchi, divenne contea dell'estremo nord-ovest del Ducato di Spoleto, a ridosso di quella che, fino a non molto tempo prima, era stata zona di confine con le terre dipendenti dall'Esarcato Bizantino di Ravenna

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1237 Nel 1237 un terribile incendio rase al suolo Gualdum

Nel 1237 un terribile incendio rase al suolo Gualdum (oggi Gualdo Tadino), privando tutti gli abitanti di una dimora e costringendoli a fuggire. La leggenda vuole che ad appiccare il fuoco sia stata una donna misteriosa: la Bastola, che si vendicò in questo modo dei torti subiti. Ma chi era la Bastola? Il suo nome era misterioso, ma era conosciuta da tutti come la Bastola. Anche le sue origini erano misteriose, era probabile che discendesse da una famiglia del tapinate, ma rimasta orfana a quindici anni la memoria e la provenienza dei suoi genitori si erano perse e lei non faceva niente con persona alcuna per chiarire il quesito. Di lei, nelle comunità di Morano, Nocera, Gualdo, Compresseto fino al castello del Grillo, ovvero ovunque, si parlava malissimo. Le si attribuivano facili amori con chiunque, cavalieri e contadini, ferraioli e balestrieri. Tutte le donne, spose tradite, comari maligne, giovani sognanti fanciulle erano contro di lei, contestandole nefandezze di ogni genere. In realtà nulla si conosce e niente è documentato se non un periodico rapporto con Sacripante, capo delle guardie del castello di Grillo. Al termine di ogni edizione del Palio San Michele Arcangelo, la Porta che si aggiudica il palio, mette al rogo l’acerrima nemica di Gualdo, al centro della piazza

miti e leggende metropolitane: Matteo Bebi ha costruito un romanzo dal titolo "un rumore lontano" sulla leggenda della Bastola

folclore

giochi delle porte

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1248 Federico II incendia la romana Nuceria Camellaria

Fu presa e incendiata da Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero, nel 1248, per il suo essere di parte guelfa e per via di una ribellione

segue poi un terremoto violentissimo nel 1279

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1279 Terremoto del

Il 30 aprile 1279 l'Appennino umbro-marchigiano fu interessato da un terremoto che precedette di poche ore un secondo evento distruttivo verificatosi nell'Appennino tosco-emiliano. Alcuni cronisti medievali hanno descritto questi eventi come un unico fenomeno abbracciante gran parte dell'Italia centrale. L'area di danneggiamento del terremoto umbro-marchigiano fu comunque ampia. Fonti coeve e attendibili attestano che due terzi degli edifici di Camerino furono distrutti mentre Cagli, Fabriano, Matelica, San Severino Marche, Cingoli, Nocera, Foligno e Spello rimasero "diroccate". Tutti i castelli (ossia insediamenti minori cinti da mura) nelle montagne tra Nocera e Camerino "patirono molti danni". Il castello di Serravalle (di Chienti) sarebbe restato sepolto da una frana, forse innescata dal terremoto. Non si hanno dati attendibili sul numero - comunque molto elevato - delle vittime né sull'estensione dell'area di risentimento, a parte il fatto che essa comprese certamente Roma. Le notizie dei terremoti del 1279 ebbero vasta eco nell'Europa centrosettentrionale: se ne trovano menzioni in cronache austriache, tedesche e polacche

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

terremoti

studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)

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1328 Terremoto del 1328

L'area di danneggiamento del terremoto del 1 o forse del 4 dicembre 1328 comprende Norcia, dove gran parte degli edifici e le mura crollarono, Preci, Visso, S. Martino, Montesanto, Cerreto e Castel S. Giovanni, che subirono danni genericamente gravissimi. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata ma l'evento fu certamente avvertito a Foligno, Roma e Ripatransone, nelle Marche meridionali. Non si hanno dati attendibili sul numero - comunque molto elevato - delle vittime. Le repliche potrebbero essere proseguite per un mese

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

terremoti

studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)

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1352 Terremoto del 1352

L'area di danneggiamento del terremoto del 25 dicembre 1352 comprese le colline a sud di Monterchi e l'alta Val Tiberina. La rocca d'Elci crollò uccidendo la guarnigione; l'abbazia di S. Giovanni di Marzano subì gravissimi danni. A Sansepolcro parte degli edifici e delle mura crollò, causando alcune vittime. Gli edifici pubblici di Città di Castello subirono danni gravi ma riparabili. La notte tra il 31 dicembre 1352 e il 1 gennaio 1353 una nuova forte scossa causò ulteriori crolli e un maggior numero di morti a Sansepolcro. Le repliche potrebbero essersi protratte per un mese. Non si hanno dati attendibili sul numero dei morti, che furono comunque molti, anche per la presenza a Sansepolcro di truppe mercenarie dei Visconti, acquartierate per l'inverno. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata; l'evento del 25 dicembre fu avvertito probabilmente ad Arezzo e certamente a Bologna

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

terremoti

studio di riferimento: Castelli et al. (1996)

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1389 Terremoto del 1389

I danni maggiori del terremoto del 18 ottobre 1389 si concentrarono nel territorio a nord-est di Città di Castello dove, oltre a un numero imprecisato di edifici isolati, crollarono i castelli (insediamenti fortificati) di Castelguelfo, Baciuccheto e Pietragialla, al confine con le Marche. Crolli e danni più o meno gravi e diffusi si ebbero a Sansepolcro, Città di Castello, Mercatello sul Metauro e Urbania. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata, anche se l'evento potrebbe essere stato avvertito a Gubbio e forse a Forlì. L'evento principale fu preceduto da una scossa minore il 16 ottobre e seguito da repliche fino alla seconda metà di novembre 1389

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

terremoti

studio di riferimento: Castelli et al.(1996)

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1458 Terremoto del 1458

Il terremoto del 26 aprile 1458 fu preceduto da parecchie scosse avvertite a Città di Castello il giorno e la notte precedenti. L'evento principale si verificò tra le 12 e le 13 ora locale, causando crolli e danni gravi a circa 400 edifici di Città di Castello (circa un terzo del totale, secondo stime coeve) e lesionando gli altri. Nel contado di Città di Castello subirono danni ville (case signorili) e villaggi imprecisati. L'area di danneggiamento comprese Sansepolcro e Montone. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata; le scosse furono certamente avvertite a Gubbio e a Perugia, la cui popolazione ai primi di maggio continuava a pernottare all'aperto. I morti furono da 14 a 25 a Città di Castello e "assai" nel contado. Le repliche proseguirono almeno fino al 4 maggio

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

terremoti

studio di riferimento: Castelli et al.(1996)

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1479 Una questione di confini

Sul finire del 1479, gravi contrasti sorgono infatti tra nocerini e gualdesi per questioni di confine e specialmente perché i gualdesi impedivano agli abitanti del territorio nocerino confinante con essi, cioè Gaifana e Boschetto, di trasportare alle proprie case i prodotti agricoli di quei terreni che gaifanesi e boschettani, possedevano al di là del loro confine, cioè in territorio di Gualdo. Tra i due comuni si interpose il Legato di Perugia e del Ducato di Spoleto, card. Gio.Battista Savelli, che nei primi giorni del gennaio 1480, ordinò loro di eleggere ciascuno due cittadini i quali, unitamente ai rispettivi podestà, avessero pieni poteri per comporre la difficile vertenza (…) si fissavano anzitutto, medianti termini esatti, i rispettivi confini territoriali; si stabiliva poi che così i gualdesi come i nocerini, avrebbero potuto promiscuamente esercitare il diritto di pascolo e di far legna senza pagare balzelli, su una limitata zona del territorio sia di Gualdo che di Nocera, posta ai due lati di questo confine, salvi però i beni privati. Come eccezione i nocerini avrebbero potuto far pascolare i propri armenti, nelle praterie che i privati cittadini di Nocera possedevano nel territorio di Gualdo (…) Nelle strade attraversanti il confine, nocerini e gualdesi si riservavano il diritto d’imporre tasse di pedaggio e balzelli, sui passeggeri e le merci, solo ne dovevano andare esenti i gualdesi che penetravano nel territorio di Nocera e i nocerini che passavano in quello di Gualdo (…) Ai nocerini che possedevano terreni al di là del confine, nel territorio di Gualdo, sarebbe stato lecito asportare liberamente il fruttato nel territorio di Nocera e lo stesso avrebbero potuto fare i gualdesi possessori di beni nel comune nocerino (…) Le condanne pronunziate e i processi intervenuti tra le due popolazioni, in seguito alla questione dei confini territoriali, venivano annullati con una generale amnistia. I suddetti patti si giuravano sul vangelo e si prescriveva ai contravventori la multa di mille ducati d’oro (…)

certamente il giochino di cause ed effetti legati alle conflittualità tra zone adiacenti non si esaurisce qui

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Il Guerrieri nella sua storia di Gualdo Tadino riporta notizie di queste liti dal sec. XV fino al sec. XVIII. L’autore dedica molte pagine a queste vicende, seguendo il loro svolgersi nel periodo indicato

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https://it.wikipedia.org/wiki/Zuffa_tra_pompeiani_e_nocerini

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1540 Guerra del Sale

Il territorio di Perugia faceva formalmente parte dello Stato Pontificio fin da età altomedievale, anche se la città restò de facto indipendente fino al 1370, allorquando perse le proprie autonomie comunali, unitamente alle libertà civiche di cui godeva, e venne pienamente incorporata dalla Santa Sede. Nel corso del XV secolo i vincoli di soggezione agli Stati della Chiesa si allentarono nuovamente, grazie anche all'affermarsi sul territorio di alcune signorie, l'ultima delle quali fu quella della famiglia Baglioni. Nel 1531 su tutti i territori pontifici venne imposta una tassa sul sale; tale tassa causò un malcontento popolare che i Baglioni tentarono di cavalcare nel tentativo di affrancarsi completamente dal dominio papale. Verso la fine del 1539 il papa Paolo III, in un periodo di estrema carestia, durante una sua visita alla città di Perugia manifestò l'intenzione di richiedere l'aumento del prezzo del sale (prezzo-fisso), già concordato con le autonomie comunali in regime di monopolio delle saline pontificie, nella misura di tre quattrini per libbra. La proposta ufficiale, inoltrata dal legato pontificio, cardinale Cristoforo Jacovacci, venne respinta dal consiglio popolare convocato dai Priori che, nel dichiararne l'inapplicabilità, deliberò di mandare ambasciatori a Roma per protestare contro la proposta ritenuta in contrasto con gli accordi già stabiliti con i pontefici precedenti. Per tutta risposta, il 17 marzo 1540, nonostante l'evidenza del sopruso, il pontefice fece recapitare ad Aligero vicelegato pontificio e ad Alfano Alfani, capo dei priori, la Bolla di scomunica della popolazione perugina. Alla scomunica seguirono le dimissioni dell'Alfani e l'elezione del nuovo Consiglio dei Venticinque. Il popolo perugino sperava che il nuovo governo cittadino fosse in grado di opporsi all'ingiusta pretesa papalina ed ancor più di ottenere dai governanti una revisione dello statuto per ripristinare la perduta autonomia comunale con il giusto riconoscimento dei privilegi fino ad allora goduti. Nel frattempo il Papa, deciso a contrastare l'insubordinazione popolare richiamò in Roma il legato Jacovacci e durante il concistoro manifestò la volontà di ricorrere all'intervento armato contro la città di Perugia. In città il governo nobiliare dei Venticinque si occupava soltanto della propria sopravvivenza trascurando il pericolo del conflitto. Il primo aprile del 1540, nel territorio perugino furono avvistate milizie pontificie condotte da Pier Luigi Farnese, Gonfaloniere della Chiesa, figlio di Paolo III, descritto nella storia come persona dissoluta e violenta. La sua fanteria era agli ordini del mastro generale di campo Alessandro da Terni. L'esercito pontificio mobilitato dal Farnese (8000 italiani e 400 Lanzichenecchi), iniziò a devastare il territorio di Foligno, Assisi e Bastia, incontrando scarsa resistenza. Nel conflitto armato le milizie messe in campo dal comune di Perugia potevano contare soltanto su 2000 fanti, in gran parte Senesi, mancanti di munizioni e rifornimenti. Mentre i migliori capitani di ventura si trovavano al soldo dell'esercito condotto dal Farnese, l'esercito perugino poteva contare soltanto sul prestigio di Ascanio della Corgna, giovane condottiero perugino. Fallita la mediazione di pace intrapresa dal Viceré di Napoli, Don Pedro de Toledo, i Perugini sperarono ancora nell'appoggio del duca fiorentino Cosimo I de' Medici che si trovava in aperto contrasto con il pontefice Paolo III e nell'amor patrio del condottiero Ridolfo Baglioni, ex Signore di Perugia, assoldato dal duca Cosimo con una redditizia condotta. Il 16 maggio il Baglioni, tornato in patria, venne accolto con grande entusiasmo da tutta la popolazione perugina. Ma più che per combattere Ridolfo tornava in patria con l'intento, tenuto nascosto, di trattare la resa della sua città. Il primo attacco delle milizie pontificie fu condotto dal Tomassoni, dapprima infatti si batté valorosamente contro la cavalleria di Ridolfo poi si diresse all'assedio del castello di Torgiano, situato in posizione strategica alla confluenza del Tevere e del Chiascio, tuttavia inutilmente. Il castello di Torgiano era stato protetto da un fossato semicircolare progettato dal Della Corgna. Il fiero condottiero ternano si rifece vincendo definitivamente le truppe di Ascanio della Corgna a Ponte S. Giovanni e a Pretola.

I papalini, lasciato Torgiano, dopo aver devastato gli abitati del contado perugino si diressero verso l'ascesa di Perugia portandosi fin sotto le mura. Il Baglioni invece di ostacolare frontalmente l'avanzata del nemico si limitò a contrastare le milizie del Farnese con colpi di artiglieria sparati da Porta Sole. Il 3 giugno nel Monastero di Monteluce, Ridolfo Baglioni con il commissario di campo Gerolamo Orsini trattarono la capitolazione di Perugia. Seguì lo scioglimento dei Venticinque. Molte famiglie perugine emigrarono nelle città limitrofe di Firenze, Siena ed Urbino, preferendo la soggezione a quelle Signorie, piuttosto che al dominio teocratico dello Stato Pontificio. La guerra si concluse con la sconfitta dei Perugini e la fine della loro indipendenza. Alessandro Tomassoni da Terni, sfruttando le sue conoscenze nel campo delle fortificazioni militari, collaborò tra il 1540 e il 1541 con Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546) alla risistemazione dell’area dove poi sorgerà la Rocca Paolina, voluta dal pontefice sul luogo dove sorgevano le case dei Baglioni e di altri maggiorenti per riaffermare la sottomissione della città allo Stato della Chiesa. Ridolfo Baglioni, privato dei propri privilegi e dei propri soldati, dovette abbandonare la città sancendo la fine della signoria perugina e successivamente, tornato al soldo del duca Cosimo rimase ucciso nel 1554 nel conflitto fiorentino-senese, colpito da un colpo d'archibugio sotto le mura di Chiusi. La città di Perugia perse per la seconda volta nella sua storia le proprie libertà civiche e la sua secolare autonomia e passò nuovamente alle dirette dipendenze dello Stato della Chiesa, che obbligò la cittadinanza a costruire l'imponente Rocca Paolina, dove si insediò una guarnigione pontificia. Parte delle mura della città furono demolite. La tradizione vuole che i perugini, comunque non domati dalla dominazione pontificia, reagissero dopo la guerra boicottando la tassa che aveva principiato la loro definitiva sottomissione territoriale al Papa, smettendo di salare il pane, che da allora fu insipido. Una ricerca recente però sembra di smentire questa leggenda

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1599 Terremoto del 1599

L'evento del 5 novembre 1599 fu preceduto da lievi scosse avvertite a Cascia dal principio di ottobre e da una scossa che lesionò parecchi edifici il 4 novembre. Nella notte 5-6 novembre la scossa maggiore causò a Cascia il crollo di più di quaranta case, e danni gravi a tutti gli altri edifici. L'area di massimo danneggiamento comprese Cascia, Chiavano, Castel S. Giovanni, Roccatamburo, Mucciafora, Colle Giacone, Giappiedi e Maltignano. Norcia subì danni più lievi. I morti furono 8 a Cascia e 40 nel contado. L'area di risentimento comprese le Marche, parte della Romagna, Roma e L'Aquila. Numerose repliche forti ma senza danni si ebbero fino al gennaio 1600

Umbria, falda strategica per gli assestamenti geofisici

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studio di riferimento: GNDT(1994)

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1600 17 February 1600: Bruno al rogo

Filippo Bruno, noto con il nome di Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600), è stato un filosofo, scrittore e frate domenicano italiano vissuto nel XVI secolo. Il suo pensiero, inquadrabile nel naturalismo rinascimentale, fondeva le più diverse tradizioni filosofiche - materialismo antico, averroismo, copernicanesimo, lullismo, scotismo, neoplatonismo, ermetismo, mnemotecnica, influssi ebraici e cabalistici - ma ruotava intorno a un'unica idea: l'infinito, inteso come l'universo infinito, effetto di un Dio infinito, fatto di infiniti mondi, da amare infinitamente

Marketing negativo in sempiterno per il BRAND Chiesa Cattolica

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1612 Terremoto del 1612

Dopo la disgrazia delle coltivazioni distrutte da un gelido inverno anche le strutture murarie furono messe a dura prova da un nuovo violeto terremoto che nel 1612 fece sussultare la vallata. Guerrieri(pag 256) fa riferimento anche al fatto che anche nel 1613 le pioggie torrenziali non diedero tregua alla popolazione locale che vide straripare la pianura...

Calamità che influirono direttamente sul declino dei castelli e curiosamente compare la parola declino citata da altri riferito al seicento

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libro di S Cioli Storia della Parrocchia dei S.S. Gregorio e Romano in Castro Collis, Comitatus Civitatis Nuceriae, Pro Loco, stampato a Roma Dicembre 1986

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1641 Soldatesche di Nostro Signore nelle guerre di Castro

Come rendere solida nel tempo la propria reputation brand vendendo indulgenze, dispensando verità assolute e centellinando redenzione, il secolo peggiore di sempre inizia con il rogo di Bruno e prosegue con altre oscenità permeando anche la storia locale. Dal Cioli S: la nostra zona subì le conseguenze economiche di una guerricciola avvenuta nel 1641 tra lo Stato Pontificio e il Duca di Parma Odoardo Farnese, politicamente sostenuto da Venezia, da Modena e dal Granduca di Toscana. Le conseguenze economiche consistettero in una speciale tassa imposta, dal governo di Roma, per far fronte alle spese di guerra. Della contribuzione si ha una eco anche sui registri consigliari del Comune di Nocera il quale, nella seduta del 12 Marzo 1647, mise all' ordine del giorno la necessità di dover rimettere nel "Monte della Pietà le monete" precedentemente prelevate "per supplire alli pagamenti" che furono fatti a Camerino per mantenere "le Soldatesce di Nostro Signore" che non erano altro che le truppe mercenarie dello Stato Pontificio

impoverimento amministrazioni locali

guerre

Storia della Parrocchia dei S.S. Gregorio e Romano in Castro Collis, Comitatus Civitatis Nuceriae, Pro Loco

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1656 Super 2 nihil discit

Super 2 nihil discit ossia sulla proposta numero due non è stata presa nessuna decisione. Era il 13 Febbraio 1656 e il Comune di Nocera porta in consiglio comunale la seguente proposta, contrassegnata nell'ordine del giorno come numero due: "si vede il danno notabile che apporta a questa comunità le taglie che si pagano a quelli che ammazzano i lupi in questo territorio e perciò che risoluzione pigliare".I consiglieri trovandosi a dover scegliere tra la riduzione dei lupi e l'aggravio delle finanze, due necessità entrambi sgradevoli, non presere nessuna decisione e il cancelliere fu costretto a registrare il famoso "super 2 nihil discit"

Nelle pendici dei monti i lupi si stavano moltiplicando a tal punto che il Comune di Gualdo dovette bandire, nel 1626 e nel 1628, come aveva fatto in passato, delle cacce per contenerne il numero. Evidentemente tali misure non furono sufficienti perchè, nel 1637, Gualdo band' una nuova caccia infliggendo anche la multa di uno scudo a chi si rifiutava di intervenire. Il problema fu affrontato anche da quelli di Nocera che seguì il sistema di pagare una taglia per ogni animale ucciso. Ciò nonostante i lupi si mantennero talmente abbondanti che trenta anni dopo, venne portata in Consiglio Generale la questione

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p.31, libro di S Cioli Storia della Parrocchia dei S.S. Gregorio e Romano in Castro Collis, Comitatus Civitatis Nuceriae, Pro Loco, stampato a Roma Dicembre 1986

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1687 Situazione bellica al tempo di Don Antonio Pulcinella, quarto parroco di Colle

Nel 1687 Venezia sotto la guida del Morosini, ultimo dei grandi capi veneziani del mare, una guerra contro i turchi che si protrasse fino al 1717. La Valle Padana fu continuamente percorsa da eserciti stranieri per una guerra, iniziata nel 1687 e protratrasi fino al 1697, contro la Francia del Re Sole che aveva avversaria una lega nella quale era entrato anche il Piemonte del Duca Vittorio Amedeo II

Nella situazione generale che non intaccava il Castello di Colle, vi era ancora un certo benessere malgrado il degrado generale, grazie al nucleo abitato compatto situato al centro di una vasta area di campi resi prduttivi dalle varie coltivazioni agricole. Supportati dai terreni della montagna e del Pian di Colle, i collegiani avevano le materie prime per sopravvivere ai dolorosi inverni e anche le risorse per veicolare una fiorente azienda artigiana erede dell' economia curtense. Questo insieme al Mulino in mano ai Mancia, alle apparecchiature famigliari per "sfarrare" il grano, alle canapine e ai telai che quasi tutti gli abitanti del paese possedevano, conferivano al Castello una certa autosufficienza, senza contare per esempio l'abbondanza di carne prodotta in loco.

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Storia della Parrocchia dei S.S. Gregorio e Romano in Castro Collis, Comitatus Civitatis Nuceriae, Pro Loco, stampato a Roma Dicembre 1986

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1700 Corriere postale

In questi primi due anni del settecento si dovette constatare anche uno scadimento della viabilità che consentì a Perugia di togliere alla Flaminia il Corriere Postale creando una bega tra Perugia da una parte e Gualdo e Nocera dall' altra, che si protrasse per tutto il secolo

Se le antiche divergenze con Perugia, causate dalla viabilità e dal corriere postale vedevano uniti i comuni di Nocera e di Gualdo, le due comunità erano divise da altre beghe ancora più antiche una delle quali, più volte incontrata, era causata dai terreni posseduti dagli abitanti di Boschetto, Colle e Carbonara in territorio gualdese, tutto ciò mentre si faceva pesantemente sentire l'esistenza di una guerra europea in atto che gravava sui comuni, eventi che rimandano alle cronache del Guerrieri del 1709

beghe

Pag 71 S Cioli - Storia della Parrocchia dei S.S. Gregorio e Romano in Castro Collis, Comitatus Civitatis Nuceriae, Pro Loco, stampato a Roma Dicembre 1986

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