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Rocca Flea

Anticamente nota come Arx Major Terre Gualdi, si erge nella parte alta di Gualdo Tadino, in Umbria. Rappresenta uno degli esempi di architettura fortificata italiana del basso Medioevo. La rocca fu edificata inglobando un antichissimo luogo di culto dedicato a San Michele Arcangelo fondato in epoca longobarda (sec. VIII-IX), chiamato Sant'Angelo di Flea. Le prime testimonianze storiche risalgono al XII secolo. L'edificio, dopo essere stato ricostruito da Federico II di Svevia nel 1242, ha subito vari restauri e rimaneggiamenti più o meno cospicui. Al 1350, durante il periodo della dominazione perugina su Gualdo, risale la costruzione del mastio centrale, il Cassero, e sempre nel XIV secolo furono eseguiti ritocchi da Biordo Michelotti. Nel tempo, la rocca mutò più volte destinazione d'uso: dopo essere stata trasformata in palazzo signorile; agli inizi dell'800 divenne carcere femminile e dal 1888 divenne un carcere mandamentale. Attualmente la Rocca Flea è sede del Museo Civico di Gualdo Tadino, ospita l'antiquarium del territorio e nelle sale sono esposte testimonianze della ceramica storica gualdese

Chiesa San Benedetto

La rivista Medioevo specializzata nel settore é la più autorevole a livello nazionale per quanto riguarda l'età di mezzo. Nel numero di Settembre 2017 c'è uno speciale sui giochi delle porte di Gualdo, ma non solo, la rivista parla tantissimo della storia locale, ecco ad esempio come rielabora il mito della chiesa nuova di San Benedetto: edificata nella seconda metà del XIII secolo insieme all' annessa abbazia camaldolese, la basilica cattedrale di S. Benedetto, domina la piazza maggiore di Gualdo Tadino. Quasi la chiude sul lato orientale, con la sua facciata romanico-gotica, il grande rosono scolpito e il campanile neo romanico. Il duoco é chiamato anche San Benedetto Nuovo per distinguerlo da un' altgra costruzione San Benedetto Vecchio. Il più antico insediamento benedettino di Gualdo risale infatti agli inizi del X secolo: si trattava di un modesto cenobio intitolato ai Santi Nicolò e Vito, ubicato presso il fiume Feo, nella piana sottostante l'attuale centro abitato. L'insediamento fu voluto dalla famiglia feudataria dei conti di Nocera. Nel 1006 il conte Offredo di Monaldo II acconsentendo pare al desiderio di San Romualdo, fondatore dell' ordine Camaldolese, eresse un nuovo e più grande monastero, intitolato a San Benedetto e la nuova struttura grazie alla generosità del conte ebbe un patrimonio fondiario e l'appoggio delkle potenti politiche locali che ne favorirono la crescita. Nel corso del XI secolo divenne protagonista della vita religiosa ed economica del territorio di Gualdo. Nel giro di pochi decenni attraverso donazioni e acquisti. la forza economica della comunità religiosa si fece immensa e vari privilegi pontifici ne confermarono le pertinenze e i diritti, tra cui quello di essere direttamente soggetto alla Sede Apostolica. Nel XII secolo il monastero aderì alla riforma bene3dettina camaldolese. Qualche sintomo di difficoltà si palesò negli ultimi anni del XIII. Nel 1198 Innocenzo III acconsentì alla richiesta dei monaci di trasferirsi in un luogo più sicuro e l'anno successivo incaricò il vescovo di Nocera Ugo Trinci di visitare e riformare l'abbazia. All' inizio del 200, forti della concessione pontificia, i monaci si trasferirono entro le mura di Gualdo dove furono edificati la chiesa e il monastero detti di San Benedetto Nuovo. La sede originaria abbandonata acquisì la denominazione di San Benedetto Vecchio. Tra i monaci illustri della nuova sede va ricordato il beato Angelo da Gualdo Tadino, nato nella villa di Casale nel 1270 ed entrato giovanissimo in monastero dopo un pellegrinaggio a Santiago de Campostela. Angelo condusse vita vita eremitica in una cella isolata e morì in ottobre di santità il 15 gennaio 1324, il suo corpo fu collocato sotto l'altare della chiesa abbaziale, presso il quale si sviluppò un intenso culto. Nel primo quattrocento il monastero entrò in una crisi lenta e irreversibile e cominciò a paventarsi il passaggio al regime commendatario. Vi si oppose con forza l'ultimo abate, il gualdese Giovanni Matteo Bongrazi. Alla sua morte nel 1485, Innocenzo VIII procedette però alla trasformazione del monastero in commenda, che assegnò al cardinale Giovanni Battista Savelli, legato pontificio di Perugia e dell' Umbria. La piccola famiglia monastica superstite continuò a risiedere in S Bendetto ma senza accogliere nuovi monaci. L'ultimo religioso morì nel 1518. Perduto il monastero i gualdesi cercarono di ottenere per S Benedetto una nuova dignità ecclesiastica e nel 1530, approfittando della visita a Gualdo di Clemente VII richiesero, invano, la sua erezione in collegiata. La richiesta fu più volte reiterata fino a che nel 1818 monsignor Francesco Piervissani, vescovo di Nocera Umbra e abate commendatario, ottenne da PIO VII l'abolizione della commenda e l'accorpamento dei benefici di S Benedetto alla mensa episcopale di Nocera Umbra. A ciò si opposero i gualdesi che nel 1847 conseguirono da Pio IX il distacco del monastero dalla mensa vescovile e la sua erezione in collegiata con capitolo di 8 canonici e dignità arcidiaconale. Il collegio canonicale fu formalmente costituito nel 1848, alla morte del vescovo Piervissani. Tra il XIX e il XX secolo la chiesa fu ristrutturata e riccamente decorata grazie alla liberalità di monsignor Roberto Calai Marioni, gualdese e vescovo titolare di Esbon. Il 2 gennaio 1915 Benedetto XV assegnò alla diocesi di Nocera Umbra la nuova denominazione "di diocesi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino" ed elevò la chiesa collegiata di S Benedetto a cattedrale honoris causa tantum. Nel 1989, infine, Giovanni Paolo II per i 1500 anni della nascita di Benedetto da Norcia, le conferì il titolo di basilica minore - Andrea Maiarelli

Chiesa di San Francesco

La chiesa di San Francesco è una delle prime chiese francescane in Umbria dedicata al santo ed è stata costruita poco dopo la canonizzazione di San Francesco di Assisi. Tutte le chiese francescane sul territorio umbro (Gubbio, Montone, Montefalco) hanno caratteristiche architettoniche mollo simili. La chiesa ha un’unica navata, quindi la pianta rispecchia precisamente la Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, ma è molto più semplice ed austera perché questa zona è fortemente sismica, fredda e umida e le pitture parietali hanno delle difficoltà di conservazione relative al luogo. La facciata della chiesa non si apre sulla piazza principale e questo ci indica l’antichità, la piazza fu costruita molti secoli più tardi. L’abside è poligonale ed è illuminato da tre bifore. La quarta bifora è oggi chiusa perché nel 1751, a causa di un terremoto, il campanile crollò e per lo smottamento del terreno, venne poi ricostruito proprio all’altezza della finestra. Come si può vedere dal modellino in legno della chiesa prima del 1751, il possedimento dei francescani era più grande. Ulteriore illuminazione viene dall’oculo sopra la porta, non ha caratteristiche particolari, proprio perché l’ordine francescano voleva comunque mantenere austerità nelle linee e nelle decorazioni. Nonostante il periodo storico e le influenze del gotico d’Oltralpe, le architetture francescane rimangono molto semplici, legate al romanico italico. Molto particolare è la mensa in pietra rossa costruita con materiale di rimpiego. come anche i pulpiti. Il portone ed il confessionale risalgono al “700; il portale in legno è stato attaccato alla parete coprendo anche pane degli affreschi presenti. Sempre con gli autori del funzionale sito i luoghi del silenzio approfondiamo i temi legati agli affreschi in questa chiesa. Nella chiesa di San Francesco non esiste un vero e proprio ciclo di affreschi, questo perché gli eventi sismici hanno nel tempo rovinato molte pitture e soprattutto questa chiesa viveva di donazioni e cioè erano i privati benestanti, che avevano un ruolo importante nella città, a fare una donazione in denaro e a richiedere un affresco in cui erano anche rappresentati. Per questo motivo si trovano tanti stili pittorici. Le informazioni relative alle pitture derivano da diverse fonti, ma in realtà per i territori di Gualdo Tadino e Nocera Umbra non si hanno notizie scritte sulle chiese fino al 1550 perché tutti i documenti della diocesi di Nocera Umbra sono andati perse. Entrando nella chiesa a sinistra in alto troviamo una delle opere di Matteo da Gualdo: la Madonna in trono con il bambino tra San Francesco e San Secondo. Restaurata dopo il sisma del 1997 ha delle caratteristiche molto particolari perché rappresenta quelle che era la ricerca rinascimentale di Matteo, soprattutto per i colori. Matteo fu un grande maestro di colore, ricercava le particolarità cromatiche e questo lo si può notare grazie ai colori che ci restituiscono i restauri. La figura più piccola in basso è la rappresentazione del committente che chiede una grazia; la sua dimensiona è dovuta alla gerarchia delle immagini. A fianco c’è San Francesco che riceve le stigmate un opera di Matteo da Gualdo molto bella per la realizzazione dei panneggi e la ricerca paesaggistica. Sotto infatti troviamo un affresco con lo stesso soggetto iconografico di un pittore giottesco assai precedente dove possiamo notare la diversa ricerca dei volumi dei corpi e del paesaggio. Quest’ultimo uno degli affreschi più antichi della chiesa, ha delle particolari linee molto bizantineggianti, che difficilmente si vedono in Umbria (sono maggiormente caratteristiche dell’Emilia Romagna e nord delle Marche), troviamo dei visi allungati e scuri e le così dette “mani a rastrello”, inoltre, come accadeva nelle zone senesi, l’abito del committente mostra dei simboli del casato di appartenenza. All’angolo troviamo la parete degli ex – voto, commissionata da persone che avevano ricevuto la grazia e dedicata ogni volta al santo che aveva fatto la grazia, vista la zona ricorrono spesso San Benedetto e San Bernardino. Sopra c’è il Volto sacro di Lucca; nel Duomo di Lucca vi è un piccolo ostensorio della fine del 4400 fatto di ottone e vetro.

Museo civico

Adamo (dettaglio dell'Albero della Vita) - Matteo da Gualdo di Pietro di Giovanni di Ser Bernardo (Gualdo Tadino, 1435 circa – Gualdo Tadino, 1507) è stato un pittore italiano. Fu uno dei più illustri esponenti di una singolare famiglia di notai-pittori che lasciò importanti testimonianze nel territorio gualdese e nelle vicine città di Nocera Umbra e Assisi. Formatosi sull'esempio del folignate Bartolomeo di Tommaso. La sua prima opera documentata è la Madonna in trono e santi (1462), conservata nella Pinacoteca di Gualdo Tadino. Nel 1468 porta a termine la decorazione ad affresco dell'oratorio dei pellegrini in Assisi. Tra le opere più importanti si ricordano: Storia di San Giuliano nella Chiesa di San Francesco a Gualdo Tadino; Madonna e santi nella Chiesa di San Paolo ad Assisi; Trittico con Madonna con Gesù Bambino, san Francesco e san Sebastiano (1475 ca.) ed affresco con Madonna con Gesù Bambino, san Francesco e sant'Antonio abate (1475 ca) entrambe queste due opere sono conservate nel Museo diocesano e cripta di San Rufino in Assisi. Altre sue opere si possono ammirare nella Pinacoteca comunale situata all'interno della Rocca Flea di Gualdo Tadino nella ex chiesa di San Francesco (Nocera Umbra). Nel 1484, per i servizi resi, i rettori delle arti di Gualdo gli donarono un' ingente quantità di denaro e di terreni sparsi per tutto il territorio tadinate. Lo stile: fondamentali per la sua formazione furono Girolamo di Giovanni e, in genere, la cultura pittorica marchigiana. La lunga permanenza ad Assisi, dove svolse l'attività di notaio, lo portò in contatto con la scuola folignate ed in particolare con Nicolò Alunno, dal quale fu fortemente influenzato. Il risultato di questa combinazione fu che il suo stile divenne fortemente personale ricco di spunti fantastici ed a tratti irrealistici, come le pose espressive dei volti o certi gesti bruschi e quasi innaturali. Nell'ultimo periodo risentì dell'arte di Carlo Crivelli.