Trappola Mortale

Lezione di don Vincenzo Cantoni sulla flessibilità nel piano di gioco

1

La piazza di Collemosso si stava affollando, era giorno di mercato. Una volta alla settimana giocolieri, commercianti di tessuti e agricoltori locali si ritrovavano in quella scomoda località per soddisfare le esigenze tra quanti vivendo tra Gualdo Penna e Nocera Ombrosa non potevano recarsi nei principali comuni per fare spesa e divertire il pubblico con spettacoli di saltimbanchi improvvisati. Non mancavano perdigiorno che giocavano a dadi sulla scalinata della chiesa e prostitute a caccia di clienti e don Vincenzo Cantoni coerente al suo costume di scena farfugliava tra le strette vie del paese quei canonici "suvvia un pò di contegno" che servivano solo a salvargli la faccia. Era quasi arrivato alla stalla che fu intercettato da un cavaliere che conosceva di vista. Era un tipo di Gualdo, lavorava come sarto alla Bottega del Fiorentino.
-Buongiorno don Vincenzo, avrei necessità urgente di parlarvi-
-Buongiorno anche a voi, ma la peste non aspetta. In vocabolo Gioiavana la moglie del maniscalco se ne è andata stanotte e i picchieri del Papa sono già arrivati per bruciare la casa. Aspettano me per l'estrema unzione-
-Credo proprio che quello che ho da dire vi interesserà, quindi...-
-Allora scendete da cavallo e dite quello che dovete dire. Nel frattempo io sello il mio Lutero-
Il tizio che indossava un caffettano grigio e che aveva un profilo affilato come quello di un machete gli si avvicinò minacciandolo con un naso sporgente. Un olezzo di alcol affettuoso accompagnò le sue parole: -Come sapete alla bottega del Fiorentino c'è un solo operaio che vi lavora e cioè io. Tanti anni fa la bottega sfornava una media di centinaia di commissioni al mese, ma oggi se arriviamo a dieci è un miracolo e il padrone è stato costretto a decimare le maestranze...-
-Ne sono al corrente. Gli inglesi stanno invadendo con i loro panni in lana a basso costo tutta Europa e la seta adesso arriva anche dalle Indie e dalle Americhe grazie a olandesi e portoghesi con la conseguenza che l'economia locale sta andando a picco-, replicò il prete locale accarezzando il suo cavallo dal temperamento ribelle.
- E' così, il Mediterraneo non conta più nulla. Ebbene l'altro ieri è arrivato un tizio per farsi commissionare un farsetto di velluto blu. Temperamento nobile e modi aristocratici. Mentre stavo mettendo da parte le stoffe l'ho sentito farfugliare qualcosa con il capo nel retrobottega...quello che ho da dirvi non vi piacerà o forse si?-
-Ebbene parlate, vi ascolto-, disse don Vincenzo prendendo il suo interlocutore di lato e allontanandolo da una paesana locale in transito che tornava a casa impugnando un chiassoso cappone prossimo all'estrema unzione. A Collemosso era risaputo che anche le pietre parlassero e che nessuno era in grado di farsi gli affari propri.
-Si tratta di Venezia. Stanno organizzando una linea difensiva contro i turchi ma per fare questa operazione devono assoldare della gente che partendo da Ancona vadano a combattere a Cipro o giù di lì...-
-Va bene ma dove sta la novità? E così almeno da un centinaio di anni!-
-Il doge sembra che si sia messo d'accordo con il Papa e che presto ci sarà una amnistia per liberare tutti i criminali dalle prigioni e farli transitare verso il porto di Ancona. Da quello che ho capito questi approvvigionamenti passeranno da qui per la strada Clementina...-
-Perché state dicendo queste cose a me?-
-Perché ho stima di voi e inoltre ho sentito dire che ci saranno anche gli spagnoli nella lega di combattenti che andranno a ridimensionare gli infedeli...-
Il volto di don Vincenzo si illuminò ma non lo diede a vedere. In quella spedizione di miscredenti truffaldini l'unico che si salvava era il Doge con la sua onestà intellettuale e visione liberale, in ogni caso la tentazione di fare danni al Papa e alla Spagna era una occasione da non perdere. Inoltre c'era la questione del marchio cattolico che seppure serviva per comodità di intenti, aveva la presunzione di voler essere l'unico a irradiare con le sue verità assolute tutti i fedeli del mondo, alimentando solo guerre di religione con milioni di morti, come era successo recentemente con gli Asburgo in Europa.
-Be grazie per l'indiscrezione ma il mondo va così in questo secolo e nessuno può farci nulla. E voi? La vostra corporazione è a rischio estinzione?-
-Sono sicuro che farete tesoro di quanto vi ho raccontato. So che siete una persona buona e giusta ed è raro trovarne così da queste parti. In quanto a me sono costretto a lavorare per finire di pagarmi il cavallo, entrare a bottega adesso è diventato fastidioso, prima creavo, adesso assolvo solo ai compiti per gli “sghei” e mi trascino tra i giorni. Cerchiamo tutti di stare a galla-
-Vi capisco è abbastanza umiliante lavorare per guadagnarsi da vivere, ognuno dovrebbe fare quello che per lui è piacevole e naturale senza dover subire le angherie del sistema. A proposito sapete anche quando avverrà la cosa che mi avete detto?-
L'interlocutore liberò la sua informazione silente non senza sciorinare un ultimo tanfo ad alto tasso di euforia alcolica e poi si avviò verso la piazza dove aveva allestito con sua figlia una bancarella di vestiti. Don Vincenzo Cantoni assecondò il suo inquieto Lutero che prese a correre verso frazione Gioiavana.

2

La strada si inerpicava a ovest da Collemosso verso Nocera Ombrosa piena di curve e saliscendi. Persino Lutero, il suo fedele ronzino, sembrava infastidito dal volerla percorrere. Ironia della sorta andando verso est la strada che portava a Gualdo Penna era liscia e morbida come un nastro d'argento, non c'era da stupirsi che con quelle due città situate in location caratteriali diametralmente opposte, anche la morfologia del terreno trovasse riflesso nelle guerre intestine che abbracciavano i due comuni. Don Vincenzo Cantoni non se ne curò, anche Venezia era in guerra con Costantinopoli ma questo non impediva ai due capisaldi del mondo di portare avanti i loro traffici di variegata natura, compreso il grano che arrivava dai turchi. Non c'era solo la peste a rendere la vita difficile agli abitanti locali, era già diversi anni che anche il maltempo ci aveva messo del suo rovinando i raccolti con la conseguenza di impoverire ancora di più la popolazione già stremata. Vide la torre nera del Vescovo Lorenzi ergersi da lontano. Il vescovo arrivava da Roma e conosceva i fasti della grandiosità barocca che esaltava i cattolici elevandoli sopra protestanti e calvinisti per la magnificenza dimostrata in tutte le arti dopo la controriforma. L'idea di costruire la sua regale dimora a Nocera Ombrosa in onice nera riflettente gli arrivava da un poeta considerato eretico dalla chiesa, Giovan Battista Marino, che in nota poesia su una popolana locale ribaltava i canoni stilistici dimostrando con versi bucolici che c'era una straordinaria bellezza nel colore associato tradizionalmente agli inferi. E del resto la torre nera di Nocera Ombrosa era un capolavoro architettonico che gli era stato disegnato da quello sfigato architetto romano del Borromeo che aveva conosciuto in uno dei tanti banchetti della casta, il cui progetto lo stesso Lorenzi aveva arricchito con fregi esterni di squisita manifattura. Don Vincenzo Cantoni aveva seguito tutta la vicenda da vicino, tanto che a un certo punto qualche anno prima il Papa Giovanni Battista Pamphilj, in arte Innocenzo X, minacciò di radere al suolo quell'abominio ma poi i grandi eventi di Roma avevano preso il sopravvento con il Giubileo e lo stesso Papa che aprì le porte a migliaia di fedeli nella capitale della cristianità mondiale, sembrò essersi dimenticato di Nocera Ombrosa. Don Vincenzo Cantoni pensò che il Vescovo Lorenzi doveva vivere quel soggiorno come una punizione, lontano dai fasti e dalle glorie romane dove le autorità illuminavano la scena pubblica. Certo doveva essere triste constatare come a Nocera Ombrosa e dintorni di fatto seppure con la popolazione succube dell'oligarchia imperante non si illuminasse un bel nulla. Tuttavia di certo don Vincenzo non doveva fare l'errore di fidarsi troppo di quel Vescovo controcorrente, lavorava pur sempre per il Papa e quelle partite a scacchi che doveva presiedere di fatto servivano solo per riferire di fatti ed eventi accaduti sul territorio e per rafforzare il potere che Lorenzi manifestava sulla sua carcassa. Fortunatamente nelle sue fibre vi erano qualità ultraterrene, tra cui anche quella di essere un ottimo attore e questo gli consentiva seppure a fatica di sopportare quelle due ore di intrattenimento forzato che era costretto a vivere a casa del Vescovo. Le guardie Vescovili presero in custodia il ronzino e fu costretto a inerpicarsi per centinaia di gradini attraverso una scala a chiocciola verso l'alto. Don Vincenzo sapeva bene che parallelamente scorreva il macchinario che Lorenzi si era fatto costruire per evitare quel flagello dell'ascesa al cielo simbolo di purificazione e obbedienza destinato ai comuni mortali nell'ala opposta nascosta all'ingresso, un ingegnoso sistema di carrucole suggeritogli quando era a Roma da quel genio del Bernini, come aveva confessato in una delle tante partite a scacchi la suprema autorità locale del divino in terra. Entrò come al solito nella stanza rossa, quella adibita dal suo superiore per le attività di confine. Nel palazzo Lorenzi aveva fatto costruire diverse stanze, proprio perché la torre nera come cromatismo era in grado di catturare tutte le frequenze di luce, si malignava che diverse cortigiane locali avessero di persona visto le bucoliche sfumature della stanza blu, quella adibita alle arti della seduzione, dove chi entrava ne usciva sempre spogliata di abiti, ma ne usciva arricchita di “gabelle”. Don Vincenzo sapeva bene che erano solo voci, ma sapeva anche che la chiesa aveva bandito il gioco degli scacchi alle attività popolane, tanto che farsi vedere in una locanda a muovere torri e pedoni rappresentava un reato che andava incontro a delle sanzioni. Il gioco degli scacchi era un dono degli dei per gli uomini nobili di arti e di spirito, non era da divulgare tra i ciarlatani e i giocatori di dadi che paradossalmente potevano esercitare il loro libero arbitrio senza incappare in reati. Nella stanza rossa contrassegnata così perché le ampie vetrate policrome arrivavano direttamente da Venezia, caratterizzate per l'appunto da presenza di striature scarlatte che si mescolavano al flusso di luce esterno disegnando arabeschi porpora suggestivi sulle pareti, che esaltavano al centro un tavolo rotondo che aveva sagomato al suo interno il quadrato composto da otto caselle per otto. Stupendi pezzi importati direttamente dalla Spagna facevano da corredo a quella nuova sfida che vedeva sempre don Vincenzo favorito dal punto di vista sportivo (tanto che doveva fingere di sbagliare mosse per non sfidare l'autorità vescovile mal avvezza alla perdita in generale) ma ovviamente sfavorito sotto i gradi dell'inquisizione del tagliente teologo che aveva davanti, bravo nelle arti delle speculazioni macchiavelliche e nei conteggi di bilancio.
-E' da un pò che non ci vediamo, ho voluto aspettare per vedere se è vero quello che si dice in giro-, disse Lorenzi con la sua solita tenuta candida e pomposa da autorità vescovile influente creando un velo di aspettativa.
-E che cosa si dice in giro su di me?-, chiese curioso il parroco di Collemosso sistemandosi elegantemente sulla poltrona in velluto giallo. Per l'occasione si era dovuto far tirare a lucido dalla Perpetua nella canonica.
-Che siete una sorta di immortale, siete la persona più esposta alla peste e tuttavia anche dopo mesi di immersione nella miserevole condizione umana il batterio non vi ha minimamente scalfito-, disse il vescovo spingendo il pedone di re di due passi. Il parroco minimizzo:
-Come ben sapete ormai stiamo vivendo l'ultima fase di questa orribile malattia. Con le direttive imposte sulla pulizia e la distruzione dei siti infetti abbiamo circoscritto ed estinto il contagio. Non sembro aver risentito delle centinaia di morti locali come fisico ma vi assicuro che moralmente sono esausto. Costantemente a contatto con la sofferenza umana mi chiedo il perché di tutto questo flagello-, replicò senza però a riuscire a muovere il pedone di re di due passi come faceva di solito e il motivo era palese, almeno ai suoi occhi, perché l'avversario sembrava aver preparato una nuova variante di attacco.
Don Vincenzo aveva saputo che il nipote del vescovo spagnolo Ruy Lopez era giunto in Italia ufficialmente per visitare le più belle città del Rinascimento italiano e non gli era sfuggito che il Vescovo aveva ospitato il nobile spagnolo per diversi giorni. Ora a dedurre l'ovvio era un attimo, se stava giocando con i classici scacchi di manifattura spagnola in quel momento al posto dei vecchi di stampo medioevale, era perché sicuramente lo straniero aveva ricambiato l'ospitalità in qualche modo e magari fatto dono dei cimeli di suo zio al vescovo Lorenzi. E siccome sapeva anche che il vescovo Ruy Lopez ormai dipartito godeva di molta fama per aver inventato una nuova apertura negli scacchi che poi era stata anche spiegata e illustrata in un libro da lui pubblicizzato, un sistema che metteva a grave rischio la possibilità del nero di spingere i pedoni sull'apertura di re in maniera simmetrica, ne concluse che il suo maligno dittatore era preparato per l'incontro. Se ne convince ulteriormente quando lui con un ghigno beffardo disse:
-Dunque non muovete? Cosa temete? Sembra che una locusta vi abbia appena morso un polpaccio!-
Ma anche il don era preparato. Una settimana prima un viandante proveniente dal regno di Napoli aveva soggiornato alla locanda del Cinghiale Azzurro a Collemosso e si era recato alla chiesa locale per confessarsi. In realtà dietro a quelle torbide esposizioni c'era solo l'invito da parte dello sconosciuto di giocare a scacchi e che aveva sentito crescere la fama di un certo don Vincenzo Cantoni come scacchista a livello nazionale, così tanto che aveva manifestato il desiderio di incontrarlo!
Nel corso di quelle partite di allenamento con il forte misterioso agonista aveva sperimentato giocando con i pezzi neri una nuova difesa, un sistema di gioco che prevedeva l'occupazione non del centro ma solo delle ultime tre traverse.
L'idea era molto semplice, quella di provocare gli attacchi dell'avversario per poi prenderlo in contropiede, ma di fatto qualcosa non aveva funzionato perché in quei giorni aveva sì pareggiato molte partite con lo sconosciuto che si faceva chiamare Leonardo De Bona Principe di Pirc, ma ne aveva perse altrettante senza mai a portare a casa un punto. Aveva avuto tempo per capire dove aveva sbagliato e di rivedere il suo impianto di gioco e ora con il vescovo Lorenzi nella prima partita ufficiale della storia degli scacchi sulla difesa da lui preparata, era pronto a perfezionare la sua invenzione giocando per l'appunto la difesa PIRC, così ribattezzata per l'intrusione di quello straniero viandante nella sua vita agonistica. Non aveva ben chiaro dove si trovasse il principato di Pirc in Europa ma del resto con tutta quella frammentazione non c'era da stupirsi che si trovasse in Boemia, piuttosto che nella Germania dei molti principi protestanti che avevano mosso guerra contro gli Asburgo. La questione era irrilevante, fatto stava che lui per la prima volta da quando giocava a scacchi le aveva prese di butto e ora contava di restituirle giocando lo stesso impianto che aveva visto prevalere il suo misterioso avversario pochi giorni prima: eccitato mosse il pedone disposto sulla colonna di regina di un passo! Stava dando un contributo significativo alla teoria delle aperture ma anche evitando la terribile apertura spagnola che si sarebbe forse verificata se avesse spinto il pedone "e" di due passi!
Don Giovanni Cantoni si stupì di non cogliere nessuna emozione di sorpresa sul volto dell'avversario, eppure era la prima volta nella storia degli scacchi ufficiali che veniva giocata una mossa come quella.
Il vescovo occupò il centro affiancando un secondo pedone a quello di re, mostrando una totale indifferenza per la novità teorica dell'avversario, poi disse:
-Certo in quanto alla peste io stesso non vi avrei invitato a giocare questa partita se non avessi avuto sufficienti garanzie che il morbo ormai sta sparando le sue ultime cartucce. Del resto siete il primo che rispettate rigorosamente alla lettera tutte le regole sulla pulizia e sul decoro. Disinfestate la chiesa ogni settimana per esempio. Ma la questione che mi preme sollecitare è un' altra-, concluse l'autorità ecclesiastica.
Don Vincenzo sviluppo il cavallo situato sulla colonna definita "g" dalla simbologia degli scacchi per svilupparlo alla seconda mossa sulla casella "f" situata sulla terza traversa per attaccare il pedone centrale in e4. Attese spiegazioni insieme alla mossa dell'avversario che arrivò puntuale insieme alle parole del vescovo, cavallo da “b1” su casa “c3” per difendere il centro:
-Le guardie pontificie hanno intercettato a Spoleto un viandante sbarcato al porto di Livorno che nascondeva un libro bandito dall'Indice. Come sapete Livorno è un' isola felice ancora Italia, tasse quasi inesistenti, attività piratesche, traffici di varia natura. Una sorta di paradiso fiscale per tutti i commercianti scaltri che cercano opportunità sconfinando anche dalla legalità. Al momento sta subendo un trattamento rieducativo per rendere a noi tutti noto come mai avesse una copia originale del “De umbris idearum di Giordano Bruno” e dove volesse consegnarlo, ora la questione é legata a voi di persona, vi ricordate di quella piccola questione che avete risolto sul “De revolutionibus orbium coelestium” di un certo Copernico edizione 1543?-
Don Giovanni Cantoni scoprì le sue carte e spinse il pedone "g" per mettere in fianchetto l'alfiere: era quello il banco di prova della difesa Pirc! Per un attimo l'esofago gli andò di traverso ma subito dissimulò e riprese il controllo:
-Certo che me lo ricordo è il libro che portai io stesso qui dopo averlo trovato nella biblioteca locale-
-Biblioteca che se non erro, feci chiudere immediatamente-, rispose il vescovo minaccioso muovendo il pedone "f" di due passi.
-Mossa doverosa da parte vostra-, disse il prete mettendo l'alfiere in fianchetto come programmato.
-Si il problema è che non si sa bene quando lo avete ritrovato e in quali circostanze-, replicò il vescovo sviluppando il cavallo di re.
-Spiegai tutto a suo tempo. Il giorno dopo il ritrovamento ero già qui per regolarizzare il tutto- e nel frattempo il prete mise al sicuro il re in un angolo con l'arrocco.
-Si ma adesso se mi consentite due prove fanno una congiura. Qui c'è qualcuno in loco che vuole mettere mano su tutti i libri banditi dalla Chiesa- e così dicendo spinse il pedone "e" per rompere lo schieramento nemico. Per la prima volta don Vincenzo si sentiva preso in contropiede. Non era tanto per quello che il Vescovo diceva, perché sapeva bene che anche parlando l'emissario che era stato preso non poteva certo conferire di quello che non sapeva per contratto e per le strane modalità dell'affare commerciale concordato con ineffabili controparti, ma era per la mossa fatta dal Vescovo.
Quel maledetto gli aveva fatto la mossa preferita dallo straniero che era giunto a Collemosso qualche giorno prima per dargli una bella lezione di strategia. Dopo che il pedone avanzava da casella "e4" a casella "e5" il cavallo veniva attaccato e il settore est del nero dove il re pretendeva di stare al sicuro sembrava più vulnerabile.
Come poteva giocare il Vescovo con quella sicurezza senza esitazione?
Una risposta plausibile poteva essere che lo straniero non fosse transitato solo per la locanda di Collemosso...a quel punto contro Leonardo De Bona detto Principe di Pirc aveva provato sia pedone "d" mangia in "e5" sia la ritirata di cavallo sull'ultima traversa. Questa volta provò a mettere il cavallo sulla settima traversa ma il suo avversario mosse alla velocità della luce: pedone "h" spinto di due passi contro il re!
Dunque c'era qualcosa sotto, come faceva il Vescovo ad essere così preparato e aggressivo? Decise di aver visto abbastanza e di rivalutare meglio quelle commissioni fatte da Lorenzi tramite l'impiegato alla bottega del Fiorentino a Gualdo Penna. Quei due si erano visti diverse volte in privato. L'impiegato della bottega - lo stesso che lo aveva informato confidenzialmente delle scorribande del Papa contro i turchi- si era recato a Nocera Ombrosa numerose volte a detta del suo fedele braccio destro impegnato in incognito a vederci chiaro su tutta la vicenda. Abiti, abiti, abiti, vesti raffinate e pregiate pagate a peso d'oro, questo almeno secondo l'interpretazione ufficiale. Ma adesso a giudicare dalla baldanza con cui il Vescovo spingeva i suoi pezzi di legna seguendo una strategia impeccabile che non apparteneva al suo background agonistico, don Vincenzo ebbe quasi la certezza di essere finito dentro una bella trappola, visto che a breve gli approvvigionamenti verso Ancona sarebbero transitati sulle falde del Monte Merlana per popolare le navi venete e spagnole.
Ma la capacità dei bravi scacchisti consiste nella flessibilità, quando l'avversario fa qualcosa che non avevi preventivato, per non perdere devi essere pronto a modificare e cambiare il tuo piano iniziale!
E così fece, prese lo scacco matto velocemente lungo la via "h" , si fece fare un profondo sproloquio sulla necessità di essere vigli e attenti sul territorio per capire chi era il committente di quella congiura sconsacrata sui libri e corse via prima del tramonto verso la canonica per modificare il piano che aveva in testa non senza subire ludiche angherie per aver incassato una pesante sconfitta!
Sui monti locali le sue bande armate dedite alla macchia, da lui ribattezzate gli invisibili, stavano predisponendo la trappola per derubare tutti i beni della chiesa in transito. Ma non era quella la mossa giusta da fare in quella situazione.
Il Vescovo aveva fatto la pipì fuori dal vaso e se solo avesse mantenuto un basso profilo giocando a scacchi seguendo solo la sua esperienza e quindi facendo mosse deboli e imprecise, ci sarebbe cascato come un pollo! Invece quell'attacco che il Vescovo aveva ribattezzato "austriaco" dall'alto della visione asburgica che voleva cattolicizzare tuta l'Europa incurante delle fedi diverse, aveva sbolognato tutte le sue difese. Troppa roba per non sospettare qualche sorpresa non autorizzata.
Diede precise disposizioni alla sua fedele Perpetua per uscire dal circolo vizioso e si addormentò contento di aver perso la sua prima difesa Pirc ufficiale nel moderno gioco degli scacchi.

3

Il comandante dei picchieri del palazzo vescovile Guy De La Rochelle azionò la leva e si fece trasportare da un complesso marchingegno fatto di corde e contrappesi alcune decine di metri sopra in cima alla torre nera nella stanza che il Vescovo Lorenzi usava per brindare alle sue vittorie. Non a caso l'aveva ribattezzata “stanza bianca” caratterizzata da una imperiale poltrona in sopraelevata con fregi istituzionali appesi alle pareti compreso alle spalle dell'uomo assiso in trono di un gigantesco crocefisso, simbolo di un marchio indelebile di civiltà da difendere e commercializzare tra gli infedeli per riportarli in senno. Il capo delle guardie vescovili fece un inchino poi rispose alla domanda in modo quanto meno meccanico e prevedibile. Era chiaro che il suo "capo" voleva essere rassicurato sul successo dell'operazione.
-E' tutto pronto, ormai ci siamo. Da quello che sappiamo tutti gli agguati precedenti dei briganti locali si sono verificati a Passo Rosso e il motivo è evidente: lì i convogli che transitano verso il porto di Ancona non possono tornare indietro a causa del terreno impervio e delle due montagne laterali che ostacolano il cammino, Por Majore e Por Minore. Superato lo stretto si entra poi nelle pratavalle del monte Merlana che immettono in spazi larghi e illuminati dalla luna. Ma a Passo Rosso c'è solo una radura sommersa di tenebre con i due boschi laterali stretti intorno alla gola a minacciarne il transito-
-Va bene! Basteranno dieci carrozze?-
-Si ognuno nasconde circa venti soldati, molti dei quali arrivati come mercenari appositamente da Roma. I bifolchi locali penseranno che saranno piene di merci invece...-
-Perfetto! Avete curato i dettagli come vi ho suggerito?-
-Certo! Siamo andati al carcere di Spoleto e avvisare che tutti i briganti locali in detenzione verranno presto imbarcati da Ancona per andare a combattere contro i miscredenti turchi. Inoltre abbiamo disposto tempistiche molto precise per fare in modo che le informazioni abbiano il tempo di circolare per organizzare un agguato, certamente qualcuno di questi soggetti avrà modo di conferire con terzi su come dove e quando transiteranno per la strada Clementina....-
-Bene, vi ricordo che questi furfanti ci hanno saccheggiato già diverse volte e che davvero ora dobbiamo esporre le loro teste sulle picche circolando in corteo per tutte le frazioni locali. Non potrei tollerare una sconfitta, sappiatelo!-
-Signore non hanno nulla da rubare questa volta se non le nostre Reitschwert comprate in Svezia che luccicheranno nel buio!-
-Ottimo, vi ricordo solo che in caso di disfatta, dati i costi dell'intera operazione, fareste meglio a scomparire direttamente dalla mia vista, perché in tal caso non esiterò a processarvi e a proclamare la fine che meritano i perdenti-
-Buono a sapersi Signore, ma anche a me non piace perdere invece per l'altra questione?-
-L'altra questione è strettamente legata a questa, sospetto che questo prete locale abbia le mani in pasta ovunque e che pesi un pò troppo sulle calamità che gravano sulla nostra chiesa locale...-
-Ma gioca metaforicamente a pallacorda con il nostro vessillo...-
-Apparentemente, ho avuto conferma da poco ad esempio che malgrado avessi intimato a don Vincenzo di avvisarmi di ogni più piccola novità a corredo sul territorio, che ha avuto contatti con un certo Leonardo De Bona Principe di Pirc ma l'informazione non mi è stata riportata direttamente...-
-Da quello che ho potuto constatare io Signore, è che con i miei uomini in incognito sempre vicino a lui 24 ore al giorno tutto quello che ho riscontrato di sovversivo come anomalia è la morte di tre nostre giovani guardie per peste, per questo vi chiedevo fino a quando non cesserà questa infezione di limitare i pedinamenti solo in aree di sicurezza tollerabili, altrimenti le nostre risorse verranno decimate!-
-Non ancora, presto la peste sparirà. In ogni caso quest'uomo è proprio un demonio, nessuno può entrare a contatto per lunghe esposizioni con un morbo come il Belial Pestis e farla franca, eppure questo essere ne sembra immune-
-Nulla di soprannaturale Signore, da quanto dice il mio dottore da campo, per lui è normale che alcuni individui siano perfettamente incolumi all'infezione anche se camminano tra topi e estreme unzioni tutto il giorno...-
-Non abbassate la guardia su don Vincenzo Cantoni! Voglio essere avvisato su tutto quello che fa e che dice, questa volta lo cogliamo con le mani nel sacco. Io stesso ho provveduto a creare un'esca per farlo uscire allo scoperto! E ora andate e tornate vincente oppure sapete cosa vi aspetta. Buona fortuna-, e così dicendo il suo sottoposto si congedò non senza palesare una smorfia di preoccupazione sul volto.

4

Guy De La Rochelle aveva capito troppo tardi. Quando la carovana composta da più di duecento uomini nascosti tutti ben armati e reattivi si era spinta nello stretto di Passo Rosso in una notte primaverile che sembrava di buon auspicio essendo calda e rasserenante, aveva immaginato di trovarsi al cospetto di uno sbarramento fatto di massi e pietre da spostare manualmente. Per questo aveva predisposto della forza lavoro in testa alle prime carrozze da sacrificare, aspettando poi un successivo attacco dei briganti che non sarebbe di certo mancato a giudicare dalle cronache dei sopravvissuti rispetto alle scorribande precedenti. I soldati allora avrebbero acceso le torce e fatto esplodere i loro archibugi. Ma questa volta a sbarrare la strada della carovana c'erano delle pecore sgozzate e quando Guy De La Rochelle non distinguendo nitidamente nel buio della gola le sagome animali, ma percependo chiaramente l'odore acre del sangue che indicava un pericolo latente diede subito ordine di invertire il senso di marcia nella radura, fu troppo tardi. Alle loro spalle decine e decine di lupi famelici richiamati dal sangue nella notte corsero verso il banchetto, trovando umani spaventati armati di archibugi e lame taglienti. I lupi avevano fame, non si tirarono indietro e digrignando i denti fecero tutti un salto in avanti nel buio...