Marsica - 1915-01-13

7 grado - deep km: - >30000 vittime

Il terremoto della Marsica del 1915 fu un drammatico evento sismico avvenuto il 13 gennaio 1915, che colpì l'intera area della Marsica in Abruzzo e parte del Lazio meridionale causando, secondo i dati più aggiornati del servizio sismico nazionale, 30.519 morti. Il territorio abruzzese è caratterizzato da una notevole attività sismica, legata prevalentemente a processi di distensione crostale. Il campo deformativo plio-quaternario è tuttora attivo. Il Fucino è un'ampia depressione tettonica circondata da faglie normali e transtensive attive nel Pliocene superiore-Quaternario. È presente anche una fase deformativa compressiva tardo messiniano-pliocenica inferiore schematicamente attribuita a quattro principali unità, a direzione grossolanamente NNO-SSE, convergenti a levante: "Costa Grande-Monte d'Aria", "Monte Cefalone-Monti della Magnola", "Altopiano delle Rocche-Gole di Celano" e "Monte Sirente". Queste strutture compressive deformano sottostanti strati mesozoico-terziarie appartenenti a due domini deposizionali. Il primo raggruppa una sedimentazione persistente di piattaforma annegata nel Miocene e il secondo delle aree annegate nel Mesozoico con sedimentazione persistente di scarpata e di bacino, quest'ultima immediatamente a NE del Fucino. In corrispondenza del primo dominio poggiano le calcareniti a briozoi del Langhiano-Tortoniano, mentre vi è una lacuna tra il Cretacico superiore e la fine del Miocene inferiore. Nel secondo dominio invece vi è una maggior continuità fino al Miocene medio. Questa discrepanza potrebbe essersi creata in concomitanza della fase disgiuntiva legata al rifting liassico che si è mantenuta fino al Miocene medio. Affiorano così depositi continentali alluvio-colluviali attribuibili al Plio-Pleistocene e, in particolare in corrispondenza dell'antico fondo lacustre (sedimenti limosi), all'Olocene. Sperone di Gioia dei Marsi a cavallo della terminazione meridionale della faglia del Fucino, nota come faglia del monte Serrone. L'evoluzione quaternaria del bacino è legata all'attività di due principali faglie, una in direzione NO-SE e immersione occidentale, tangente l'ex lago a SudEst, e l'altra, tangente a Nord, in direzione OSO-ENE e immersione meridionale. Il 13 gennaio 1915 alle ore 07:52:48 (dato dell'INGV) il drammatico terremoto che colpì l'intera area della Marsica, con epicentro nell'area fucense, fu uno dei più catastrofici terremoti avvenuti sul territorio italiano, raggiungendo l'undicesimo grado della scala Mercalli (7.0 Mw momento sismico-scala Richter). La scossa fu avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata. Gli effetti della scossa a Roma furono classificati tra VI ed il VII grado della scala Mercalli. Si formarono scarpate di faglia (fagliazione principalmente olocenica), spaccature del terreno, vulcanelli di fango, frane, variazioni della topografia e cambiamenti chimico-fisici della acque. L'impianto di drenaggio dell'ex lago del Fucino (prosciugato pochi decenni prima) sembrò non risentirne molto, ma nel 1920 si decise il rifacimento completo dei tratti di galleria minacciati, mediante tecniche più evolute rispetto al secolo precedente. Dopo soli sei anni circa dal terremoto di Messina, avvenuto il 28 dicembre 1908, l'Italia tornò ad essere funestata da un altro violentissimo sisma. Esso avvenne alle ore 07:52:48, e fu preceduto da uno sciame sismico di bassa magnitudo, tale da non creare allarme, della durata di alcune settimane. L'intensità della scossa principale fu dell'XI grado della scala Mercalli. In seguito, con metodi storici, la magnitudo è stata stimata in 7.0 Mw. L'epicentro fu nella conca del Fucino, ma l'ondata sismica colpì anche alcune zone dell'Italia centrale al confine col Lazio, Marche e la Campania, con effetti pari o superiori al VII grado Mercalli; nei successivi mesi ci furono circa 1.000 repliche. Il sisma del 1915, per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti in territorio italiano. 30.519 furono le vittime (stando agli ultimi dati del Servizio Sismico Nazionale). La scossa fu avvertita anche a Roma, producendo danni ad alcuni palazzi, ma, nonostante ciò, il Governo tardò, e molto, a comprendere la vastità dell'area coinvolta e la drammaticità delle conseguenze: l'allarme fu lanciato 12 ore dopo il sisma ed i soccorsi giunsero nelle aree colpite solo all'alba del giorno dopo. La testimonianza di un sopravvissuto, operaio di Avezzano, riportata dal quotidiano Il Mattino del 14 gennaio 1915, è molto eloquente riguardo all'entità di questa catastrofe: "Non mi resi subito conto di ciò che era avvenuto; ritenni dapprima che si trattasse del crollo improvviso dello stesso stabilimento dove ero occupato: catastrofe forse avvenuta per lo scoppio di qualche macchina. Non potevo immaginare quale orribile immane catastrofe si fosse abbattuta sulla ridente Avezzano, così tranquilla e piena di vita. La gamba sinistra mi doleva abbastanza, ma ciò non mi impedì di trascinarmi fino all'aperto. Ma appena fuori, le mie orecchie furono straziate da mille lamenti. Guardai Avezzano e credetti ancora di essere vittima di un orrendo sogno: il castello, gli stabilimenti dagli alti fumaioli, la Chiesa dell'artistico ed agile campanile, tutto era scomparso. Avezzano era scomparsa ed al suo posto non si scorgevano che pochi muri". Prima del sisma, Avezzano era una cittadina di circa tredicimila abitanti; il prosciugamento del lago Fucino faceva sentire i primi influssi sull'economia dell'area, non solo nell'agricoltura ma anche nel settore terziario. Villino Palazzi, unica abitazione di Avezzano rimasta in piedi intatta. Il terremoto non colpì solo Avezzano, ma anche tutti i paesi dell'area fucense, i paesi della Valle Roveto e della media Valle del Liri. Avezzano venne completamente rasa al suolo: in città le vittime furono tantissime, 10.700 su un totale di circa 13.000 abitanti. Tra le vittime era presente anche lo stesso sindaco. I pochissimi sopravvissuti (in gran parte feriti) rimasero senza tetto poiché tutti gli edifici crollarono su se stessi (comprese chiese e castello). Restò in piedi, intatto, solo il villino del cementista Palazzi, al quale è stata applicata una targa commemorativa con su scritto "unica casa rimasta in piedi dopo il terremoto del 13 gennaio 1915". Il terremoto isolò completamente la zona e la notizia del disastro fu segnalata solamente nel tardo pomeriggio; i soccorsi, partiti la sera tarda del 13 gennaio arrivarono solamente il giorno dopo a causa dell'impraticabilità delle strade causata da frane e macerie. Isolato anche il Cicolano e la Valle del Salto dove si registrarono centinaia di vittime. Anche il circondario di Sora fu devastato causando qualche migliaia di morti e gravissimi danni al patrimonio edilizio di molti centri della Valle del Liri. Più di 9.000 uomini, fra militari, enti e civili vennero impegnati per i soccorsi, il trasporto dei feriti negli ospedali e la distribuzione dei viveri. A coloro che si distinsero maggiormente fra i soccorritori venne, in seguito, concessa una medaglia di benemerenza dal duca di Genova, Tommaso di Savoia, nominato dal Re, Luogotenente Generale del Regno. L'evento sismico mise in evidenza l'impreparazione e, in parte, l'impotenza dello Stato. Erminio Sipari, deputato del collegio di Pescina, portò prima la protesta per quelle vittime che probabilmente si sarebbero potute salvare e da subito chiese l'assegnazione di fondi per la ricostruzione della Marsica. Nell'estate del 1914 era, inoltre, iniziata la guerra (anche se l'Italia non vi entrò fino al maggio del 1915) e ciò influì pesantemente sulla permanenza dell'esercito nella regione colpita. I reparti impegnati, infatti, furono presto chiamati al fronte. Tra le emergenze del terremoto ci fu il problema degli orfani: la gran parte di loro fu affidata all'Opera Nazionale di Patronato "Regina Elena" ed accolti presso Istituti, grazie al lavoro instancabile del prelato Don Orione, al quale fu affidata la responsabilità di restituire i bambini orfani ai parenti ancora in vita. Una delle più incombenti urgenze fu rappresentata dalla raccolta e dal seppellimento dei cadaveri che, onde evitare epidemie, avvenne perlopiù in fosse comuni. L'abitato di Frattura Vecchia completamente distrutto nel 1915, situato sul corpo di frana del Monte Genzana che ha generato il lago di Scanno. Avezzano perse i suoi monumenti importanti e con essi anche la sua identità: il Castello Orsini, la cattedrale di San Bartolomeo, il Teatro Ruggeri, il Palazzo Torlonia. Per assistere od ospitare i terremotati furono realizzate, nei comuni della Marsica, delle strutture conosciute come "casette asismiche", che sono visibili, in parte, ancora oggi e rappresentano, in qualche modo, la memoria storica e tangibile dell'evento. La contemporanea città di Avezzano conta oltre 42.000 abitanti ed è il centro economico più importante della Marsica ed uno dei più importanti dell'Abruzzo. Essendo stata completamente ricostruita, è priva di un centro storico vero e proprio e la maggior parte delle abitazioni è costituita da piano terra e primo piano. Solo le costruzioni più recenti presentano più di due piani: ciò perché, nel tempo, i criteri costruttivi antisismici si sono evoluti. Le apocalittiche immagini suscitate dal Giorno della grande ira, come titolò lo storico Antonio Falcone, resteranno per sempre impresse nelle menti di giovani ed anziani. Giunse al governo italiano la solidarietà dei paesi europei, inclusa l'Austria i cui rappresentanti inviarono un messaggio ufficiale di solidarietà al ministro degli affari esteri, Sidney Sonnino[9]. Si susseguirono variegati gesti solidali come l'arrivo nelle zone colpite dal sisma dell'allora Re d'Italia, Vittorio Emanuele III, le preghiere di Papa Benedetto XV, l'aiuto alle migliaia di orfani di San Luigi Orione, di San Luigi Guanella e dell'allora Vescovo dei Marsi, Mons. Pio Marcello Bagnoli, i soccorsi del patriota Nazario Sauro e il richiamo alla tragedia nelle opere di Ignazio Silone e Benedetto Croce. Numerose amministrazioni comunali italiane si adoperarono per favorire la raccolta di fondi per affrontare l'emergenza. Particolarmente impressionanti le immagini riportate dalle oramai rarissime cartoline d'epoca della collana di Furio Arrasich e i reportage e gli articoli dei cronisti e dei giornalisti dell'epoca giunti sul posto. Sono molto toccanti il cortometraggio muto in bianco e nero, girato a manovella in Avezzano pochi giorni dopo il sisma dai cinematografi francesi dell'Istituto Gaumont (della durata di 6 minuti), ed il documentario storico sul terremoto del 1915 dal titolo "La Notte di Avezzano" realizzato da Raffaello Di Domenico e proiettato per la prima volta il 13 gennaio 2011 presso il ristrutturato Castello Orsini-Colonna ad Avezzano, contenente 150 foto d'epoca pre e post-sisma, dati di sismologia storica e foto dell'ammiraglio statunitense J. Lansing Callan donate all'U.S. Geological Survey. Particolare menzione merita il cortometraggio "Marsica un terremoto che ha settanta anni", realizzato dalla regista Anna Maria Cavasinni per la Cineteca di Bologna nel 1982. Nel 2015, in occasione delle celebrazioni commemorative del centenario, Poste Italiane ha emesso un francobollo speciale dedicato al terremoto della Marsica, l'istituto poligrafico e zecca dello Stato ha coniato la moneta con i simboli della tragedia e la rinascita di un popolo impressi su entrambi i lati ed è stato pubblicato un eBook gratuito dal titolo "Le Fiamme Gialle nei giorni del terremoto della Marsica" di Gerardo Severino, edito dalla Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, che racconta le operazioni di soccorso dei finanzieri in occasione del sisma. Infine l'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha realizzato un documentario, in tre parti, dal titolo Le radici spezzate: Marsica 1915 - 2015 in cui viene raccontata attraverso immagini e testimonianze il fenomeno della delocalizzazione, ovvero della ricostruzione in altri posti dei borghi montani distrutti dal sisma. « I soffitti s'aprivano. In mezzo alla nebbia si vedevano ragazzi che, senza dire una parola, si dirigevano verso le finestre. Tutto è durato venti secondi, al massimo trenta. Quando la nebbia di gesso si è dissipata, c'era davanti a noi un mondo nuovo… » (Ignazio Silone). Il terremoto marsicano ebbe indubbiamente un impatto notevole sulla dinamica demografica di molte località dell'area epicentrale. Secondo i dati ufficiali, sovente in disaccordo con quelli riportati dalle documentazioni prodotte dalle autorità locali, Avezzano ed il borgo di Cese dei Marsi persero il 95% della propria popolazione (10.700 morti), Massa d'Albe l'83% (500 morti), Pescina il 72% (4.000 morti), Ortucchio il 71% (1.800 morti), San Benedetto dei Marsi più del 70% (3.000 morti), Cappelle dei Marsi il 70% (600 morti), Aschi il 70% (700 morti), Magliano de' Marsi il 69% (1.800 morti), Paterno il 63% (1.000 morti), Collarmele il 59% (1.200 morti), Cerchio il 50% (1.300 morti), Gioia dei Marsi il 47% (1.600 morti), San Pelino il 45% (600 morti), Aielli il 41% (1.000 morti), Massa Corona il 37% (150 morti), Canistro il 33% (450 morti), Sant'Anatolia il 27% (100 morti), Lecce nei Marsi il 24% (500 morti), Venere dei Marsi il 23% (130 morti), Forme il 17% (120 morti), Scurcola Marsicana il 15% (405 morti). Alcuni centri, tra i quali: Pescosolido, Antrosano, Trasacco, Civita d'Antino, Celano, Rendinara, Sora, Luco dei Marsi e Scanno subirono perdite di popolazione comprese tra il 10% ed il 5% del numero complessivo dei loro abitanti. Le statistiche ufficiali più recenti fanno ammontare il numero totale dei decessi causati dal terremoto a 30.519; si tratta di una stima che non tiene conto delle persone morte in seguito alle gravi ferite. Di certo la maggior parte delle vittime si concentrò nell'area della Conca del Fucino e nei centri maggiori dell'area rovetana. Le località flagellate dal sisma sono numerose ed appartengono alla Marsica e all'Abruzzo montano. Gravemente danneggiati anche diversi centri della Valle del Liri, del Cicolano, del Lazio e della provincia di Caserta - FONTE wikipedia